UFFICIO NAZIONALE PER LA COOPERAZIONE MISSIONARIA TRA LE CHIESE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Incontro in Perù 21-26 gennaio 2013

Bisogna «riconoscere il fallimento storico della promessa della liberazione nel breve periodo: questo progetto storicamente è fallito. Ma è solo una battaglia persa. Di fatto moltissimi messaggi seminati dalla teologia della liberazione di Gutierrez sono penetrati a fondo nei paesi latinoamericani». E i fondamenti della costituzione dell’Ecuador o i principi costituzionali della Bolivia lo dimostrano. Ad argomentarlo, nel corso di una lunga intervista a margine del convegno dei missionari italiani a Chaclacayo (21-26 gennaio scorso) in Perù, è don Carlo Iadicicco, da 33 anni fidei donum nei villaggi della foresta amazzonica tra Perù e Brasile.
31 Gennaio 2013
Bisogna «riconoscere il fallimento storico della promessa della liberazione nel breve periodo: questo progetto storicamente è fallito. Ma è solo una battaglia persa. Di fatto moltissimi messaggi seminati dalla teologia della liberazione di Gutierrez sono penetrati a fondo nei paesi latinoamericani». E i fondamenti della costituzione dell’Ecuador o i principi costituzionali della Bolivia lo dimostrano. Ad argomentarlo, nel corso di una lunga intervista a margine del convegno dei missionari italiani a Chaclacayo (21-26 gennaio scorso) in Perù, è don Carlo Iadicicco, da 33 anni fidei donum nei villaggi della foresta amazzonica tra Perù e Brasile. «Ci troviamo adesso in una fase intermedia di evoluzione profonda di tutta questa proposta della liberazione.

 Ma non è stato un errore di percezione è stata proprio una sconfitta: parlerei di un assalto impossibile da controllare. Un attacco coordinato». Eppure, spiega don Carlo, che da Napoli è arrivato in Perù nel 1981, con destinazione Chinbote, «la situazione non è poi così assurda di sconfitta totale: se ci guardiamo attorno, la costituzione ecuadoriana ad esempio mette dentro principi profondamente umani: il vivere bene e secondo natura e non l’accumulazione delle ricchezze, è parte della premessa della costituzione dell’Ecuador e questo è venuto da anni e anni di teologia della liberazione. Andiamo in Bolivia: meglio ancora, la Bolivia recepisce questa teologia e la pluri-nazionalità.
Senza parlare del Perù dove ci sono grossi problemi di sfruttamento del legname pregiato, delle foreste ecc… la terra è abitata da gente povera ma il sottosuolo è ricchissimo: gli indigeni che vivono sopra il petrolio e sopra il gas non lo sfruttano…quindi i governanti dicono, è meglio che lo sfruttino le multinazionali…».
La proposta di andare in missione è arrivata a don Carlo dal vescovo Banbaren: «mi sono formato con i grandi di allora, con i teologi della liberazione: e questo allora negli anni ’80 significava ottenere una sorta di carta di presentazione. Era l’intuizione dell’opzione preferenziale per i poveri. Quando arrivai a Chinbote avevo 33 anni e c’era un’ampia libertà in quanto a proposta pastorale-religiosa. Non c’era esclusione e non c’erano molte etichette.
L’idea principale era fare del bene e l’altra cercare di portare avanti questo nuovo modo di fare chiesa. Poi venne Padre Sandro Dordi che venne ucciso dal movimento Senteiro luminoso negli anni ’90. Noi compivamo questo cammino insieme: un bergamasco e un napoletano. Così riuscimmo ad essere coppia di sacerdoti immersi nel mondo contadino dei campesinos».
La formazione degli agenti pastorali era il punto più qualificante: formare gli antichi catechisti in agenti pastorali. «Il messaggio di liberazione era: siamo popolo di Dio e persone degne. Siamo protagonisti della nostra storia, sia dal punto di vista territoriale che umano e religioso», spiega. Oggi cosa fa don Carlo Iadicicco in missione? «Personalmente sono impegnato giorno per giorno in azioni che hanno come finalità rafforzare il senso della comunità indigena, nativa: vivo nella foresta amazzonica tra il Perù e il Brasile e sono a contatto strettissimo con culture non occidentali e con culture precolombiane. Con loro comunico in castigliano ma nelle riunioni ristrette in lingua vernacolare. Ho anche un programma radio in tre idiomi…». (Ilaria De Bonis)