UFFICIO NAZIONALE PER LA COOPERAZIONE MISSIONARIA TRA LE CHIESE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Concluse le Giornate di Assisi, “ora lasciamoci guidare dallo Spirito Santo”

Le conclusioni affidate a don Giuseppe Pizzoli che esorta a “vivere una vita ad imitazione di quella di Cristo”.
30 Agosto 2021

La 19esima edizione delle Giornate di Spiritualità Missionaria di Assisi – Testimoni e profeti, missionari di speranza – si è conclusa ieri con l’invito di don Giuseppe Pizzoli, direttore di Missio, a «lasciarci educare da un Dio che è padre misericordioso».

«Viviamo la nostra vita ad imitazione di quella di Gesù!», ha esortato don Giuseppe.

L’auspicio (con il rinnovo simbolico delle promesse battesimali avvenuto durante la veglia di preghiera del 28 agosto), è quello di farci «guidare con docilità dallo Spirito Santo», affinchè possiamo essere tutti «missionari di speranza».

I tanti interventi dei relatori – con la presenza costante e accompagnatrice di monsignor Giuseppe Satriano, presidente di Missio – e le lectio tenute ogni mattina dalla biblista Laura Verrani;

Le testimonianze dirette dei missionari e dei testimoni sul campo (dalla saveriana suor Maria Angela Bertelli a don Giuseppe Piumatti, fidei donum in Congo; da don Marco Galante ai coniugi Petruzzi), hanno reso queste quattro giornate «ricche e sovrabbondanti di messaggi», ha ricordato don Pizzoli.

«Un percorso di speranza – ha detto anche monsignor Satriano – nasce lì dove la vita si apre all’umano, a quell’umano redento da un amore grande quale quello del Cristo».

«In questi giorni abbiamo respirato sogni e speranze – ha ricordato il direttore di Missio – E tutte le riflessioni dei relatori sono state profondamente radicate nella realtà. Con i piedi per terra!».

Pertanto «tirare conclusioni su un tema così ricco appare contraddittorio poichè per definizione il profeta non chiude mai, semmai apre a cammini futuri».

Si tratta di processi lenti che però portano sempre ad un cambiamento profondo.

«Cosa vuol dire essere testimoni e profeti? – si è chiesto don Giuseppe – Significa lasciarci educare da un Dio che è padre e misericordioso».

Imitare Cristo comporta per l’uomo un duplice impegno: l’incarnazione e la spiritualità.

«Essere parte attiva nella esistenza umana», ricorda don Giuseppe, sia come Chiesa che come singoli, significa imitare l’azione di Cristo che «ha camminato, gioito e sofferto» come noi. Ma significa anche adattarci con docilità alla volontà dello Spirito Santo.

Questa edizione delle Giornate è stata realizzata in una duplice versione: dal vivo, nella Domus Pacis di Assisi per i circa 90 partecipanti, e on-line tramite diretta zoom per un centinaio di iscritti che hanno seguito da casa.

I momenti di confronto diretto con i partecipanti, durante i Mission community Cafè (laboratori tematici in piccoli gruppi), l’adorazione eucaristica; la veglia di preghiera della sera di sabato, con l’accompagnamento prezioso di don Valerio Bersano, e la tavola rotonda con i testimoni, hanno reso ancora più concrete e vive le riflessioni sulla Parola.

La teologa Emanuela Buccioni, il pastoralista don Ezio Falavegna e don Antonio Scattolini, docente di catechetica con l’arte, con i loro interventi, hanno fatto luce sulla Parola affinchè essa ci ispiri ad agire «secondo cammini profetici».

Come saremo noi in quella «Gerusalemme Celeste descritta nei capitoli 21 e 22 dell’Apocalisse?». Si è domandata in conclusione la biblista Laura Verrani.

«Non c’è niente di più certo del fatto che noi saremo bellissimi!», ha detto.

A patto però che si riesca a coltivare, durante il nostro percorso umano, quelle qualità che ci serviranno ad aprire la porta del paradiso.

Essenzialmente, come indica Laura Verrani, realizzando «una fraternità buona».

Ossia, «socialità; desiderio («se avremo sete avremo quello che desideriamo»); consolazione per il dolore proprio ed altrui; rispetto della preziosità umana e armonia («capacità di essere persone equilibrate»).