UFFICIO NAZIONALE PER LA COOPERAZIONE MISSIONARIA TRA LE CHIESE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Anno 2006 – messaggio del Santo Padre per la 80° Giornata Missionaria Mondiale

La Giornata Missionaria Mondiale, che celebreremo domenica 22 ottobre p.v., offre l’opportunità di riflettere quest’anno sul tema: “La carità, anima della missione”. La missione se non è orientata dalla carità, se non scaturisce cioè da un profondo atto di amore divino, rischia di ridursi a mera attività filantropica e sociale.
5 Novembre 2008

"La carità, anima della missione"
 
Cari fratelli e sorelle!
1. La Giornata Missionaria Mondiale, che celebreremo domenica 22 ottobre p.v., offre l’opportunità di riflettere quest’anno sul tema: “La carità, anima della missione”. La missione se non è orientata dalla carità, se non scaturisce cioè da un profondo atto di amore divino, rischia di ridursi a mera attività filantropica e sociale. L'amore che Dio nutre per ogni persona costituisce, infatti, il cuore dell’esperienza e dell’annunzio del Vangelo, e quanti l’accolgono ne diventano a loro volta testimoni. L’amore di Dio che dà vita al mondo è l’amore che ci è stato donato in Gesù, Parola di salvezza, icona perfetta della misericordia del Padre celeste. Il messaggio salvifico si potrebbe ben sintetizzare allora nelle parole dell’evangelista Giovanni: “In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui” (1 Gv 4,9). Il mandato di diffondere l’annunzio di questo amore fu affidato da Gesù agli Apostoli dopo la sua risurrezione, e gli Apostoli, interiormente trasformati il giorno della Pentecoste dalla potenza dello Spirito Santo, iniziarono a rendere testimonianza al Signore morto e risorto. Da allora, la Chiesa continua questa stessa missione, che costituisce per tutti i credenti un impegno irrinunciabile e permanente.
2. Ogni comunità cristiana è chiamata, dunque, a far conoscere Dio che è Amore. Su questo mistero fondamentale della nostra fede ho voluto soffermarmi a riflettere nell’Enciclica “Deus caritas est”. Del suo amore Dio permea l’intera creazione e la storia umana. All’origine l’uomo uscì dalle mani del Creatore come frutto di un’iniziativa d’amore. Il peccato offuscò poi in lui l'impronta divina. Ingannati dal maligno, i progenitori Adamo ed Eva vennero meno al rapporto di fiducia con il loro Signore, cedendo alla tentazione del maligno che instillò in loro il sospetto che Egli fosse un rivale e volesse limitarne la libertà. Così all’amore gratuito divino essi preferirono se stessi, persuasi di affermare in tal modo il loro libero arbitrio. La conseguenza fu che finirono per perdere l’originale felicità ed assaporarono l’amarezza della tristezza del peccato e della morte. Iddio però non li abbandonò e promise ad essi ed ai loro discendenti la salvezza, preannunciando l’invio del suo Figlio unigenito, Gesù, che avrebbe rivelato, nella pienezza dei tempi, il suo amore di Padre, un amore capace di riscattare ogni umana creatura dalla schiavitù del male e della morte. In Cristo, pertanto, ci è stata comunicata la vita immortale, la stessa vita della Trinità. Grazie a Cristo, buon Pastore che non abbandona la pecorella smarrita, è data la possibilità agli uomini di ogni tempo di entrare nella comunione con Dio, Padre misericordioso pronto a riaccogliere in casa il figliol prodigo. Segno sorprendente di questo amore è la Croce. Nella morte in croce di Cristo - ho scritto nell’Enciclica Deus caritas est - “si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale egli si dona per rialzare l'uomo e salvarlo - amore, questo, nella sua forma più radicale. E’ lì che questa verità può essere contemplata. E partendo da lì deve ora definirsi che cosa sia l'amore. A partire da questo sguardo il cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare” (n. 12).
3. Alla vigilia della sua passione Gesù lasciò come testamento ai discepoli, raccolti nel Cenacolo per celebrare la Pasqua, il “comandamento nuovo dell’amore – mandatum novum”: “Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri” (Gv 15,17). L’amore fraterno che il Signore chiede ai suoi “amici” ha la sua sorgente nell’amore paterno di Dio. Osserva l’apostolo Giovanni: “Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio” (1 Gv 4,7). Dunque, per amare secondo Dio occorre vivere in Lui e di Lui: è Dio la prima “casa” dell'uomo e solo chi in Lui dimora arde di un fuoco di divina carità in grado di “incendiare” il mondo. Non è forse questa la missione della Chiesa in ogni tempo? Non è allora difficile comprendere che l’autentica sollecitudine missionaria, primario impegno della Comunità ecclesiale, è legata alla fedeltà all’amore divino, e questo vale per ogni singolo cristiano, per ogni comunità locale, per le Chiese particolari e per l’intero Popolo di Dio. Proprio dalla consapevolezza di questa comune missione prende vigore la generosa disponibilità dei discepoli di Cristo a realizzare opere di promozione umana e spirituale che testimoniano, come scriveva l’amato Giovanni Paolo II nell’Enciclica Redemptoris missio, “l'anima di tutta l’attività missionaria: l’amore che è e resta il movente della missione, ed è anche l'unico criterio secondo cui tutto deve essere fatto o non fatto, cambiato o non cambiato. E’ il principio che deve dirigere ogni azione e il fine a cui essa deve tendere. Quando si agisce con riguardo alla carità o ispirati dalla carità, nulla è disdicevole e tutto è buono” (n. 60). Essere missionari significa allora amare Dio con tutto se stessi sino a dare, se necessario, anche la vita per Lui. Quanti sacerdoti, religiosi, religiose e laici, pure in questi nostri tempi, Gli hanno reso la suprema testimonianza di amore con il martirio! Essere missionari è chinarsi, come il buon Samaritano, sulle necessità di tutti, specialmente dei più poveri e bisognosi, perché chi ama con il cuore di Cristo non cerca il proprio interesse, ma unicamente la gloria del Padre e il bene del prossimo. Sta qui il segreto della fecondità apostolica dell’azione missionaria, che travalica le frontiere e le culture, raggiunge i popoli e si diffonde fino agli estremi confini del mondo.
4. Cari fratelli e sorelle, la Giornata Missionaria Mondiale sia utile occasione per comprendere sempre meglio che la testimonianza dell’amore, anima della missione, concerne tutti. Servire il Vangelo non va infatti considerata un’avventura solitaria, ma impegno condiviso di ogni comunità. Accanto a coloro che sono in prima linea sulle frontiere dell’evangelizzazione - e penso qui con riconoscenza ai missionari e alle missionarie - molti altri, bambini, giovani e adulti con la preghiera e la loro cooperazione in diversi modi contribuiscono alla diffusione del Regno di Dio sulla terra. L’auspicio è che questa compartecipazione cresca sempre più grazie all’apporto di tutti. Colgo volentieri questa circostanza per manifestare la mia gratitudine alla Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli ed alle Pontificie Opere Missionarie [PP.OO.MM.], che con dedizione coordinano gli sforzi dispiegati in ogni parte del mondo a sostegno dell’azione di quanti sono in prima linea alle frontiere missionarie. La Vergine Maria, che con la sua presenza presso la Croce e la sua preghiera nel Cenacolo ha collaborato attivamente agli inizi della missione ecclesiale, sostenga la loro azione ed aiuti i credenti in Cristo ad essere sempre più capaci di vero amore, perché in un mondo spiritualmente assetato diventino sorgente di acqua viva. Questo auspicio formulo di cuore, mentre invio a tutti la mia Benedizione.
Dal Vaticano, 29 Aprile 2006
BENEDICTUS PP. XVI