E’ terminato giovedì 18 gennaio l’incontro dei missionari italiani che lavorano nelle Filippine, tenutosi nella casa francescana dei frati Conventuali sulle colline di Tagaytay, a Sud di Manila. Una trentina i partecipanti in rappresentanza dei quasi cento che lavorano nell’arcipelago delle 7.000 Isole nel Sud est del Pacifico. “Vangelo, cultura e missione” oggi è stato il tema della tre giorni di incontri che ha visto alternarsi relazioni, preghiera e ampi momenti di condivisione.

La prima relazione l’ha tenuta monsignor Socrates Mesiona, vicario apostolico di Puerto Princesa, sull’isola di Palawan, che ha fatto una dettagliata descrizione del concetto di cultura nelle Filippine e di come, in questo Paese, si sia introdotto e diffuso il Vangelo. «Se vuoi addormentare il filippino parlagli di concetti su Gesù Cristo, se vuoi farlo scattare in piedi e metterlo in cammino, mostragli la statua del Poong Jesus Nazareno, il Cristo nero agonizzante, o del Santo Niño. Immagini che muovono folle oceaniche». Missione quindi, per monsignor Mesiona, vuol dire «rispetto e discernimento nel luogo dove si opera». E’ seguita la relazione di padre Matteo Rebecchi, Saveriano, preoccupato per la dimensione missionaria ad gentes nella Chiesa, «spesso ridotta a pastorale, senza più deciso slancio verso chi il Vangelo non lo conosce ancora».

Per Ione Signorini del Movimento dei Focolari è stato interessante il cammino sinodale sviluppato dalla Chiesa in Asia e la sottolineatura di alcuni atteggiamenti. «Levarsi le scarpe prima di entrare nelle case qui nelle Filippine, indica un atteggiamento che è anche uno stile di missione. Entri in un luogo sacro, che merita rispetto e considerazione». Don Graziano Gavioli, prete di Modena attento alle migrazioni e già fidei donum nelle Filippine si è soffermato sul tema della “sorgente della missione” sottolineando come nell’incarnazione Dio si è fatto uomo assumendo la condizione umana anche nelle sue fragilità. Quindi missione è stare, come Gesù, a fianco dell’umanità, anche quella che vive sotto i ponti o negli squatters in condizioni disumane.

Indubbiamente l’età dei missionari italiani nelle Filippine avanza e per molti ha già superato il limite della pensione, ma per tutti la dedizione missionaria non conosce limiti. Padre Giovanni Gentilin, Canossiano, nella parrocchia di Tondo, al porto di Manila, zona molto degradata, porta avanti una fondazione che dà futuro a 3.000 giovani sostenendoli nei percorsi scolastici, nei doposcuola, suonando Vivaldi nelle ore di musica. Suor Margherita Tiburzi, Orsolina di Rieti, nella diocesi di Imus, a Sud di Manila, coordina l’attività di 200 volontari nelle carceri della zona. Ci ha portato a visitare il carcere di Civit, 400 uomini detenuti, 50 donne, dove tutte le settimane porta sacchi di riso che raccoglie dalla Provvidenza. «Sai quanti bambini neonati di donne carcerate io e le mie consorelle abbiamo salvato, prima che fossero venduti nel traffico scandaloso, clandestino ma fiorentissimo di esseri umani? Decine! Solo negli ultimi anni». La problematica è enorme. Queste donne in carcere, continua suor Margherita, «spesso sono innocenti, ma siccome sono povere e indifese, finiscono per essere il capro espiatorio di situazioni legate al commercio della droga. Stanno in carcere per anni e anni, lasciando figli e famiglie allo sbaraglio. Qui si vivono situazioni drammatiche».

Fratel Fabio Patt, Comboniano, cura la rivista World Mission, diffusa in tutto il Sud est asiatico e che parla non solo di missione. I Saveriani, con padre Matteo Rebecchi, padre Simone Piccolo, padre Eugenio Pulcini, padre Emanuele Borelli, curano la parrocchia san Francesco Saverio a Novaliches, nella MetroManila, e tutte le settimane incontrano una cinquantina di persone nella formazione biblica. Vengono, dice padre Eugenio, «si formano, leggono e riflettono settimanalmente sul Vangelo della domenica che poi riportano in altrettante small basic ecclesial community, piccole comunità ecclesiali di base, le cellule di un cristianesimo di base portato avanti e alimentato da laici». Suor Rosanna Favero, delle Ancelle Missionarie, gestisce scuole sull’isola di Mindoro e una casa di formazione. Da Manila queste missionarie hanno aperto due comunità in Myanmar nella diocesi di Loikaw, nell’Est del Paese, al confine con la Thailandia, ma adesso le suore a causa della guerra sono dovute fuggire nella foresta assieme al vescovo e parte della comunità. Grande sofferenza e preoccupazione.